La moda dei grassi, i grassi di moda
Una dietoterapia deve avere come scopo primario la salute del paziente, purtroppo pubblicità, mode e falsi
miti spesso vanno in direzione contraria

Spesso, chi si occupa di nutrizione, nell’illustrare la dieta al paziente, può trovarsi a contrastare non soltanto
errate abitudini alimentari ma anche mode, pubblicità e falsi miti.
Una “dieta”, come sappiamo bene, aldilà della reale etimologia della parola, che significa corretto stile di vita,
può avere diverse finalità: terapeutiche o meramente estetiche.
Una dietoterapia che può avere questa duplice valenza, e di gran moda in questo periodo, è la “dieta
chetogenica”.
In effetti la dietoterapia chetogenica viene ampiamente utilizzata in caso di epilessia farmaco resistente, per
migliorare i fattori di rischio cardiovascolare, nella PCOS e nel diabete di II tipo. Ulteriori campi applicativi
sono in ambito neurologico e sembra mostrare potenzialità in caso di patologie neurodegenerative ed
oncologiche. La stessa dietoterapia declinata con un bassissimo apporto calorico, viene ampiamente
utilizzata in ambito dietoterapico dimagrante.
Lo stato di chetosi, molto semplicisticamente, si raggiunge limitando l’introito di carboidrati sotto un valore
soglia approssimativamente stimato intorno ai 50g, ma che varia comunque da paziente a paziente.
Va da se’ che un apporto così ristretto di carboidrati inevitabilmente conduce ad un aumento, almeno
percentuale, della presenza degli altri due macronutrienti, ossia proteine e grassi.
L’apporto proteico è funzione della composizione corporea del paziente, esso svolge un duplice ruolo
(plastico ed energetico), è destinato al mantenimento della massa muscolare e deve essere di elevata
qualità per garantire il corretto apporto di aminoacidi essenziali.
Superato il concetto di peso ideale, molteplici studi indicano come apporto necessario quello pari a 2g di
proteine ogni kg di massa magra, misurato con metodica di riferimento DXA.
Per quanto riguarda l’apporto lipidico, invece, la questione è diversa e sotto certi aspetti più complessa.
I lipidi svolgono importantissime funzioni fisiologiche e, per quanto in una dietoterapia dimagrante il loro
intake sia ridotto, in caso di diete chetogeniche destinate ad altri scopi il loro apporto può essere anche
molto rilevante e devono quindi essere scelti con cura.
A questo proposito devono essere privilegiate fonti di acidi grassi mono e poli insaturi, tipiche del bacino del
mediterraneo come olio di oliva EVO, pesce, frutta secca, ma possono essere utilizzati anche frutti non
propriamente mediterranei come, ad esempio, l’avocado.
L’apporto di acidi grassi saturi come quelli provenienti da carne, burro, margarine e derivati animali in
generale dovrebbe, invece, essere limitato quanto più possibile.
Illuminante da questo punto di vista è uno studio appena pubblicato:
“Dietary Fats and Cardiovascular Disease: A Presidential Advisory From the American Heart Association” e
pubblicato dall’American Heart Association Presidential Advisory sulla rivista Circulation.
Questo studio getta una luce importante sulla distinzione tra i vari acidi grassi e richiama l’attenzione
sull’importanza di limitare l’assunzione di grassi saturi tra cui l’olio di cocco, alimento attualmente molto
pubblicizzato e di tra gran moda specialmente tra i pazienti in chetosi.
Pur se gli acidi grassi maggiormente presenti nell’olio di cocco sono a media catena, essi rimangono
comunque grassi saturi ed il loro apporto dovrebbe quindi essere limitato.
In effetti anche gli indici dietetici di qualità nutrizionale come l’indice di aterogenicità (AI), l’indice di
trombogenicità (TI) e l’indice di colesterolo e acidi grassi (CSI) vanno nella stessa direzione.
Tutti questi indici definiscono le proprietà nutrizionali e salutistiche di una dieta e prendono in considerazione
gli apporti tra i vari acidi grassi consigliando di limitare al massimo gli introiti di grassi saturi a favore quelli di
mono e poli insaturi, il tutto a vantaggio della salute del paziente.
Queste considerazioni assumono un valore estremamente rilevante in caso di dietoterapia chetogenica in
cui l’apporto di lipidi può essere, come abbiamo visto, anche particolarmente elevato.
Una dietoterapia chetogenica, in effetti, a parità di apporto calorico e proteico si distingue esclusivamente
per l’apporto lipidico e questo deve essere scelto con cura per salvaguardare la salute del paziente senza
badare alle mode del momento.
Riassumendo possiamo dire che sebbene l’olio di cocco, ad oggi, riscontri molto favore da parte dei pazienti
per il suo sapore e la sua versatilità di utilizzo e sia ampiamente pubblicizzato, il suo consumo dovrebbe,
invece, essere estremamente limitato a vantaggio di oli di altissima qualità ma forse un pò meno esotici e “di
moda” quali quelli tipici del bacino del mediterraneo, perché una dieta deve essere salutare, non
necessariamente di moda.
“Dietary Fats and Cardiovascular Disease: A Presidential Advisory From the
American Heart Association”

Dott Marco Marchetti

Professore a contratto Master Università di Roma Tor Vergata
Direttore responsabile de “Il Bugiardino”
Dott.ndo scienze Medico-Chirurgiche applicate Università di Roma Tor Vergata
Assegnista di Ricerca Università di Roma Tor Vergata
Spec.do Scienza Alimentazione Università di Roma Tor Vergata
Farmacista n. ordine 11352
Biologo nutrizionista n. ordine AA_078443
Giornalista pubblicista n. ordine 159009
-CoAutore:The role of IL-6 gene polymorphisms in the risk of lipedema
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